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ValcenoTrek su GPSies.com |
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Caratteristiche Percorso |
Itinerario |
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Città
d'Umbria(Serbatoio)
- Città d'Umbria - Monte Cravedosso - Cresta facile - Monte Barigazzo -
Pianelleto - Città d'Umbria(Serbatoio). |
Dislivello |
|
Salita: 500 m
Discesa: 500 m |
Lunghezza |
|
10 Km |
Difficoltà |
|
E |
L'itinerario non presenta difficoltà. |
Segnavia |
|
CAI 809 - AVC - CAI 803 - CAI 809a |
Durata |
|
3-4 ore circa. |
Altitudine
Massima |
|
Monte
Barigazzo
1285m |
Cartografia |
|
Carta 1:25.000 - Carta
Escursionistica comune di Bardi ed. 2010 [
Visualizza porzione della
mappa ] |
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Chiudi Testo descrizione
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La larga dorsale che scende verso nord
ovest dal Monte. Barigazzo è formata da uno straordinario allineamento di
creste parallele, separale da un'incantevole valletta, boscosa che ospita un
minuscolo specchio d'acqua temporaneo, noto come lago della Gorghina.
Sicuramente affascinanti, queste creste devono la loro origine ad antiche
dislocazioni tettoniche che hanno generato la conca centrale; l'erosione ha
poi avuto buon gioco sul substrato mamoso-arenaceo, dilavandone la parte più
tenera e mettendo in luce i duri strati d'arenaria. La cresta meridionale è
percorribile senza alcuna difficoltà, se non per superare alcuni punti in
cui la vegetazione e invadente; l'altra e invece ben più affilata ed
esposta, con una scarpata rivolta a settentrione che raggiunge i cento metri
di altezza. Se, ne raccomanda perciò la percorrenza solo ad escursionisti
esperti e che non temano le vertigini; in alcuni punti la cresta è larga non
più di mezzo metro, ed è necessaria una certa fermezza di piedi.
Per raggiungere il punto di partenza del percorso occorre prendere la strada
che da Fornovo conduce a Varsi. Si prosegue quindi fino a Ponte Lamberti,
dove si incontrano i segnali stradali che indicano la deviazione per Tosca e
Pietrarada: si intravedono già le pendici di monte Barigazzo (1.284 m) e la
cresta Nord che si andrà tra poco a percorrere.
Superata la frazione di Molinazzo, si prende la direzione di monte Barigazzo,
ignorando la direzione Valmozzola. Subito dopo ci si mantiene sulla
sinistra, evitando la deviazione Tosca Chiesa. Si incontra poco dopo
un'altra deviazione a sinistra, dove i cartelli segnaletici indicano diverse
direzioni, di cui la prima è appunto monte Barigazzo.
Si sale e successivamente, nei pressi di una curva, si incontra
l'indicazione per monte Barigazzo-città d'Umbria: si imbocca la strada
asfaltata che sale sulla destra (si trova il primo segnavia bianco e rosso
del CAI di Fidenza, indicante la scritta "monte Barigazzo-Castelliere
d'Umbria") e si prosegue alternando tratti di asfalto con altri di strada
bianca.
Si superano i boschi di castagno e si sale fino a raggiungere il bosco di
faggi e quindi, dopo aver incontrato alcuni cartelli bianchi e rossi del CAI
e il cartello giallo, più grande, che reca la direzione per castelliere
d'Umbria, si lascia l'automobile.
|
Dall'ampio spiazzo, con un vascone
dell'acquedotto e una fontanella con acqua potabile, situato in
corrispondenza della partenza del sentiero per la Città d'Umbria (950 m) si
imbocca l'ampia mulattiera che si inoltra nel bosco in direzione del sito
archeologico (segnavia 809 m, cartelli). Dopo poche centinaia di metri di
cammino si giunge al lago di Città (965 m), minuscolo specchio di acqua
torbida, in parte ricolmo di vegetazione ed apparentemente poco
interessante. In realtà esso è un importante ambiente acquatico che ospita
la rana temporaria, la raganella ed addirittura tre specie di tritoni (il
punteggiato, l'alpestre e il crestato). Oltrepassato il lago si incontra
subito dopo la deviazione per la Città (o Castelliere) d'Umbria (cartello)
che si raggiunge in pochi minuti.
Si possono osservare chiaramente i perimetri delle mura e del terrapieno che
costituivano la cerchia esterna della fortificazione, mentre in alcune zone
sono ben visibili resti della murature a secco. Sulla spianata racchiusa tra
le mura si trovano alcuni splendidi esemplari di faggi secolari. Tornati sul
tracciato della mulattiera si volta a destra e si prosegue in direzione del
Lago di Giorgio (quest'ultimo è in verità una torbiera raggiungibile con una
deviazione di 15 minuti). Compiendo un ampio semicerchio nel bosco (prima su
comoda mulattiera e poi su sentiero) il sentiero 809a prosegue dapprima in
quota e poi, piegando a sinistra, in salita, sino a raggiungere un pianoro
dove si estende un piccolo specchio d'acqua, superato il quale si continua a
salire sino a un avvallamento dove si trova la deviazione per la panoramica
cima del M. Cravedosso. Si abbandona temporaneamente il sentiero e deviando
a Sx per raggiungere la piccola e rocciosa sommità del Monte Cravedosso
(1101 m).
La cima del M. Cravedosso è un eccellente punto panoramico sul M. Dosso, la
Rocca di Varsi, il M. Carameto, la val Pessola, la sottostante altura di
Città d'Umbria e la cima del M. Barigazzo. Significativa anche la
prospettiva su "Le Creste", delle quali si apprezza la singolare e
pronunciata forma e il contrasto tra le spoglie dorsali e i boschi che le
circondano. Queste morfologie si devono a dislocazioni che hanno creato
l'avvallamento centrale. Le pendici del M. Cravedosso espongono la
successione della Formazione di Ranzano, costituita da una fitta alternanza
di sottili letti arenacei e marnosi, che alla scala dell'affioramento
mostrano una geometria tabulare. Focalizzando l'attenzione sui livelli
arenacei si possono osservare diversi caratteri tipici delle torbiditi: una
base netta, piana o erosiva, che spesso presenta curiose protuberanze di
forma allungata e dai profili svariati.
Queste forme, note come controimpronte di fondo, rappresentano il calco dei
solchi scavati dalla corrente di torbida al suo arrivo sui fondali fangosi,
prodotti dal trascinamento di oggetti o dallo sviluppo di vortici. Il tetto
dei livelli arenacei generalmente si presenta netto e modellato con
ondulazioni (ripples), mentre la parte marnosa può risultare intensamente
rimaneggiata dagli organismi che, alla ricerca di cibo, pascolavano sui
fondali marini. Tra queste "bioturbazioni" è possibile riconoscere quelle
prodotte da Zoophycus, a forma di spirale raggiata. Gli strati sono
attraversati da fratture riempite di vene di colore bianco latte costituite
da cristalli di calcite.
Ritornati sul sentiero principale si giunge ad una piccola radura con un
bivio di sentieri(1000 m, l
ora). Ignorata la mulattiera che scende a sinistra in direzione di Tosca
(segnavia 809A), tralasciata la traccia che conduce alla cresta nord e
trascurato anche il sentiero che si inoltra nella valletta racchiusa
tra le due dorsali si piega a destra sul 809A che con una ripida salita
permette di raggiungere la selletta da cui ha inizio la cresta Sud. Su
questa sella, dove ripasseremo al ritorno, si trova un bivio: il 903 a
destra porta a venezia, il xxx di fronte scede sulla carrozzabile nei pressi
di Pareto, si prosegue a Sx cominciando ad affrontare la cresta sud.
PERCORSO CRESTA SUD
Messo piede sulla cresta meridionale si nota immediatamente come questa sia
molto più ampia della «sorella». Senza difficoltà, ma con un percorso
ugualmente affascinante, si percorre tutta la dorsale, che in alcuni tratti
sembra una strada lastricata artificialmente, ammirando l'elegante andamento
della cresta nord.
Percorrendo i crinali delle creste si osserva bene l'alternanza
marnosa-arenacea della Formazione di Ranzano, all'interno della quale si
possono individuare diversi letti arenacei, a geometria piano-parallela, di
medio spessore. Questi, meno erodibili di quelli marnosi, sono messi in
risalto dalla selezione erosiva che li ha modellati in cornicioni sporgenti.
Il crinale della "cresta facile", punteggiata da stentati carpini neri e
sorbi montani, è segnato da uno strato arenaceo dello spessore di circa un
metro che, particolarmente resistente all'erosione, forma una sorta di
scoglio tabulare.
Osservandone la superficie, rivestita in gran parte da licheni crostosi di
colore biancastro, nero e giallo, si può apprezzare la granulometria
grossolana e l'abbondanza di elementi scuri (spesso di natura ofiolitica) a
cui si deve il colore bruno che spesso presentano gli strati arenacei della
Formazione di Ranzano. Lungo la "cresta difficile", invece, è interessante
osservare il rapporto tra la struttura del substrato e la copertura
vegetale, che si insedia preferibilmente nelle zone di debolezza della
roccia, come fratture e faglie. Il profondo vallone che separa le due
creste, al cui fondo si trova uno specchio d'acqua temporaneo (Lago della
Gorghina), è rivestito da una densa faggeta dove agli inizi della primavera
fiorisce in straordinaria abbondanza il campanellino, una rara bulbosa dai
fiori bianchi macchiati di verde inclusa nella flora regionale protetta.
Il sentiero e ottimamente segnato dal CAI, per cui non c'è possibilità di
sbagliare. Si percorre cosi un altro breve tratto in discesa in una zona
frequentata anche da cinghiali, viste le numerose tracce sul terreno, poi si
comincia dolcemente a risalire, notando in basso a sinistra la strada bianca
abbandonata all'inizio del percorso, che conduce all'ormai vicina chiesa.
Quando il sentiero diventa pianeggiante si nota una torbiera sulla destra:
occorre dirigersi verso il prato e costeggiare il tratto di bosco che in
questo caso resta sulla sinistra. Si può anche proseguire diritto ed entrare
nel bosco, dato che poco dopo i due tratti di sentiero si ricongiungono e,
percorsi ancora circa 100 m, si raggiunge la strada bianca citata poc'anzi,
che sale in modo piuttosto deciso per circa 200 m, fino a raggiungere un
crocevia di sentieri dove a destra ci si dirige verso Pianelleto, mentre a
sinistra si raggiunge la chiesa, superando un cancello di legno su cui sono
posti i segnali del CAI.
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Tralasciata la sterrata che scende a Pianelletto (segnavia 809B) ed ignorato
provvisoriamente il sentiero 809 che segue la dorsale del monte Barigazzo,
si segue l'ampia traccia che sale diritto verso la chiesa del Barigazzo. In
pochi minuti si raggiunge l'ampia radura che ospita il Santuario della
Madonna della Guardia.
L'attuale costruzione è stata edificata nel secondo dopoguerra sulle rovine
di un'antica chiesa, anche se bisogna sottolineare la presenza di un'abside
che risale probabilmente al XIII secolo. La chiesa viene aperta in occasione
delle varie festività che si celebrano sul monte, tra le quali la più
importante è senz'altro quella del 29 agosto, sagra di Santa Maria della
Guardia.
Lasciata la chiesa si prosegue verso la sommità del monte e qui diventa
quasi naturale volgere continuamente lo sguardo verso valle per poter
ammirare ancora una volta lo splendido declivio erboso arricchito da quei
faggi secolari di cui vale la pena ancora una volta sottolineare lo
splendore e la maestosità. Si raggiunge cosi, dopo circa 1 ora e 1/2 dalla
partenza, la vetta di monte Barigazzo (1.284 m), su cui si trova una croce
in ferro e una lapide posata a ricordo dei partigiani che combatterono su
queste cime.
Lo spettacolo che si coglie dalla sommità del monte e veramente
impressionante: lo sguardo può spaziare a 360 gradi, soffermandosi sulla
vicina val Mozzola a destra (tenendo la croce alle spalle), la catena del
crinale appenninico a sud, dove spiccano monte Molinatico, monte Orsaro e
monte Marmagna in territorio parmense e, più verso est, monte Cusna e l'alpe
di Succiso in territorio reggiano, mentre a ovest appare anche il confine
piacentino con monte Tomarlo, monte Ragola, monte Bue, monte Nero e monte
Maggiorasca, dove si hanno i confini delle provincie di Parma, Piacenza e
Genova. A sud-ovest, attraverso la sella di monte Orsaro, in giornate
particolarmente limpide si intravedono le Apuane.
La zona intorno al Monte Barigazzo viene attestata sulla Tavola di Velleia
(112 d.C.), dove si citano Tuscluatum (Tosca) e Varisium (Varsi). Nel VI
secolo la zona fu luogo di confine tra i possedimenti longobardi e
bizzantini e la presenza del popolo nordico è attestata dalla toponomastica:
lo stesso nome del monte deriva infatti da una radice longobarda bar (come
anche il vicino bardi) che significa "luogo della badita reale". Anche
chiese e cappelle della zona in gran parte sono dedicate a santi venerati
sopratutto dai longobardi, come Sirio, Michele e Giovanni.
Scavalcando la recinzione che borda il ciglio della parete del M. Barigazzo,
in corrispondenza di un apposita scaletta (indicazione del sentiero CAI per
Castellaro), si incontra un primo livello arenaceo dello spessore di circa
un metro, a granulometria grossolana e di colore bruno, che mostra al suo
interno un livello con porzioni grigio chiare, schiacciate e smussate di
materiale argilloso. Queste ultime sono un esempio dei tipici "clasti di
argilla" (clay chips): brandelli di fango consolidato che, esposti sui
fondali marini, venivano strappati dalla azione erosiva della corrente di
torbida e inglobati in essa. Per la presenza di questi materiali argillosi,
il livello a clay chips risulta più erodibile delle arenarie che lo
comprendono e forma una pronunciata rientranza, segnata da cavità che ne
rende possibile il riconoscimento anche a diverse decine di metri; è così
possibile notare come esso tenda ad assottigliarsi lateralmente sino a
chiudersi con una geometria piano-convessa. |
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Dopo la pausa sulla cima di monte Barigazzo si scende a filo di costa,
fiancheggiando quello steccato con filo spinato seguendo i segnavia del CAI
dipinti sui paletti della staccionata, cosi da raggiungere le baracche
erette per le feste che si tengono sul monte. Rimanendo sempre in prossimità
dello steccato, si imbocca quindi un passaggio sulla sinistra (un cancello
in legno) che occorre superare per raggiungere un sentiero (anch'esso
segnato) che scende a mezza costa lungo il lato sud-ovest di monte Barigazzo.
Si scende per alcuni minuti, si percorre un leggero tratto in salita e
quindi si prosegue ignorando un sentiero che si diparte sulla destra. Si
incontra ancora (sulla destra) un tratto di steccato con filo spinato (oltre
il quale, tra i rami degli alberi, si intravede una costruzione in legno) e
si esce cosi dal piccolo tratto di bosco. Percorsa una ripida discesa, si
arriva a un crocevia di sentieri dove, se si prosegue diritto, si può
raggiungere la cima di monte La Tagliata. Se si devia a sinistra si scende
invece lungo un ripidissimo sentiero verso la frazione di Castellaro, mentre
il nostro percorso devia a destra in direzione Pianelleto-Lavacchielli,
cosicché si percorrono circa 20 m in discesa e si raggiunge una strada
bianca che, a destra, scende per circa 100 m per raggiungere un incrocio
dove i cartelli del CAI indicano, a sinistra, la frazione abbandonata di
Lavacchielli.
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TRATTO FINALE |
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Strada di pietra tracciata dal tempo e dalla
natura |
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Le creste del Barigazzo appartengono
geologicamente alle «arenarie di Ranzano», che contraddistinguono tutto il
gruppo del Monte Barigazzo - Monte Grosso - Monte La Tagliata, oltre a molti
altri gruppi montuosi del parmense. Sono costituite da un'alternanza di
sedimenti arenacei (molto friabili e modellabili) e mamosi (meno soggetti
all'erosione), con alcune sottili strlature bianche fonnate da cristalli di
calcite. Queste rocce sedimentarie mostrano sulle «creste» una particolare
stratificazione a «gradoni» che, modellata nel corso dei millenni anche
dall'erosione, dagli agenti atmosferici e dall'acqua, ha dato origine alla
particolare conformazione delle dorsali del Barigazzo, che in alcuni tratti
assumono il singolare aspetto di strade lastricate, per questo
particolarmente affascinanti da percorrere a piedi. La particolare struttura
di questi affioramenti seleziona e condiziona anche la presenza delle specie
vegetali che devono essere in grado di cercare di «infiltrarsi» nelle zone
dove la roccia si apre in fratture e faglie. La cresta «facile» è
punteggiata di carpini neri e sorbi montani, mentre la cresta «difficile»
nella sua parte più esile è quasi priva di vegetazione,dove riescono a
sopravvivere soltanto licheni. Le stratificazioni «gradinate" delle
«arenarie di Ranzano» sono ben visibili anche sul versante (sud) che si
affaccia sul Monte Grosso e, in misura minore, sulla parte sommitale della
dorsale orientale che scende verso Valmozzola.
Molto affascinanti sono anche le «muraglie» formate dalle stesse «arenarie
di Ranzano» nella valle del Rio Fontana (laterale della val Noveglia), i
«Calanchi rocciosi» che si possono osservare alla base del versante della
montagna che si affaccia sulla Val Mozzola e gli affioramenti che si trovano
in Val Pessola dove le arenarie contrastano per conformazione e colore con
le «marne di Monte Piano». |
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Città d'Umbria |
 |
l boschi del Monte Barigazzo ospitano un
sito archeologico di modeste dimensioni ma affascinante e misterioso. La
cosiddetta Città d'Umbria era verità soltanto un presidio fortificato (il
nome «Castelliere» è in questo senso più consono), di cui oggi restano
soltanto rovine dei muri e dei terrapieni che formavano la cinta difensiva
esterna.
Scavato per la prima volta nel 1861 dall'archeologo americano Alessandro
Wolf, è stato in seguito oggetto di studi parziali e non sistematici.
Alcuni studiosi datano questo insediamento all'Alto Medioevo e lo
inseriscono tra i castellieri eretti nel IX e X secolo dai piccoli feudatari
locali.
Secondo altri sarebbe invece da collegare alle popolazioni liguri e umbre.
Questi popoli ebbero nell'Appennino settentrionale una delle loro più
stabili e durature roccaforti, come dimostrano i numerosi toponimi di
origine ligure e il nome stesso dell'Appennino (derivato dalla divinità
ligure celtica "Pen".
Dopo lunghe campagne militari furono sottomessi definitivamente dai romani
solo nel 155 a.C. Se fosse realmente un manufatto preromano, la Città
d'Umbria sarebbe una rara testimonianza architettonica di una cultura che,
nonostante avesse stretti legami con altre popolazioni mediterranee (I
Liguri entrarono in contatto con i Greci a Marsiglia, con gli etruschi in
toscana, con i celti in pianura padana e nel sud della Francia) e fosse
diffusa in una vasta area geografica (dal rodano all'Arno e dal mar Ligure
al Po), non ha lasciato molte testimonianze archeologiche e documentarie,
anche perché sprovvista di particolari conoscenze tecniche ed
architettoniche e di una cultura scritta.
Stretti dall'avanzata dei Celti a nord e sopratutto dei Romani a Sud, i
liguri furono costretti a rifugiarsi in zone sempre più remote dell'Appennino
per resistere all'avanzata dei vicini. A questo periodo (III-II secolo a.C.)
potrebbe risalire il Castelliere. |
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 |
Andrea Greci - Guida ai sentieri del'Appennino Parmense -
La Media Montagna e i sentieri della Storia
- Editore: Gazzetta di Parma
Linuccio Pederzani - Itinerari a piedi sugli Appennini Parmensi -
Ediditore:Libreria di Demetra 1998
Regione Emilia Romagna - Carta escursionistica Itinerari Geologici
Ambientali nella Val Ceno
Regione Emilia Romagna - E-R Ambiente -Il
Monte barigazzo.
Portale Turismo Comune di Parma -
Il sentiero dei carrelli di sotto e di sopra. |
|
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 |
Lista WayPoints con tempi di percorso |
Localita |
Alt.(m) |
WP |
Parz. |
Totale |
Note |
Città d'Umbria (Vascone) |
952 |
01 |
00' |
00' |
[ Scarica PDF Lista
completa WayPoints ] |
Città d'Umbria |
985 |
02 |
15' |
15' |
|
Monte Cravedosso |
1121 |
04 |
40' |
55' |
|
Monte Barigazzo |
1285 |
08 |
60' |
1h 55' |
|
Pianelleto |
1100 |
10 |
45' |
2h 40' |
|
Città d'Umbria (Vascone) |
952 |
01 |
50' |
3h 30' |
|
|
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PROFILO
ALTIMETRICO |
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MAPPA PERCORSO
- GPSies.com |
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