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IT83

   Al Monte Barigazzo da Città d'Umbria.
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Giorgio Tanzi 2015

Caratteristiche Percorso

 Itinerario   Città d'Umbria(Serbatoio) - Città d'Umbria - Monte Cravedosso - Cresta facile - Monte Barigazzo - Pianelleto - Città d'Umbria(Serbatoio).
 Dislivello   Salita: 500 m   Discesa: 500 m
 Lunghezza   10 Km
 Difficoltà  

E

 L'itinerario non presenta difficoltà.
 Segnavia   CAI 809 - AVC - CAI 803 - CAI 809a
 Durata   3-4 ore circa.
 Altitudine Massima   Monte Barigazzo  1285m
 Cartografia   Carta 1:25.000 -  Carta Escursionistica comune di Bardi ed. 2010   [ Visualizza porzione della mappa ]
 

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La larga dorsale che scende verso nord ovest dal Monte. Barigazzo è formata da uno straordinario allineamento di creste parallele, separale da un'incantevole valletta, boscosa che ospita un minuscolo specchio d'acqua temporaneo, noto come lago della Gorghina. Sicuramente affascinanti, queste creste devono la loro origine ad antiche dislocazioni tettoniche che hanno generato la conca centrale; l'erosione ha poi avuto buon gioco sul substrato mamoso-arenaceo, dilavandone la parte più tenera e mettendo in luce i duri strati d'arenaria. La cresta meridionale è percorribile senza alcuna difficoltà, se non per superare alcuni punti in cui la vegetazione e invadente; l'altra e invece ben più affilata ed esposta, con una scarpata rivolta a settentrione che raggiunge i cento metri di altezza. Se, ne raccomanda perciò la percorrenza solo ad escursionisti esperti e che non temano le vertigini; in alcuni punti la cresta è larga non più di mezzo metro, ed è necessaria una certa fermezza di piedi.

Per raggiungere il punto di partenza del percorso occorre prendere la strada che da Fornovo conduce a Varsi. Si prosegue quindi fino a Ponte Lamberti, dove si incontrano i segnali stradali che indicano la deviazione per Tosca e Pietrarada: si intravedono già le pendici di monte Barigazzo (1.284 m) e la cresta Nord che si andrà tra poco a percorrere.
Superata la frazione di Molinazzo, si prende la direzione di monte Barigazzo, ignorando la direzione Valmozzola. Subito dopo ci si mantiene sulla sinistra, evitando la deviazione Tosca Chiesa. Si incontra poco dopo un'altra deviazione a sinistra, dove i cartelli segnaletici indicano diverse direzioni, di cui la prima è appunto monte Barigazzo.
Si sale e successivamente, nei pressi di una curva, si incontra l'indicazione per monte Barigazzo-città d'Umbria: si imbocca la strada asfaltata che sale sulla destra (si trova il primo segnavia bianco e rosso del CAI di Fidenza, indicante la scritta "monte Barigazzo-Castelliere d'Umbria") e si prosegue alternando tratti di asfalto con altri di strada bianca.
Si superano i boschi di castagno e si sale fino a raggiungere il bosco di faggi e quindi, dopo aver incontrato alcuni cartelli bianchi e rossi del CAI e il cartello giallo, più grande, che reca la direzione per castelliere d'Umbria, si lascia l'automobile.
 

Dall'ampio spiazzo, con un vascone dell'acquedotto e una fontanella con acqua potabile, situato in corrispondenza della partenza del sentiero per la Città d'Umbria (950 m) si imbocca l'ampia mulattiera che si inoltra nel bosco in direzione del sito archeologico (segnavia 809 m, cartelli). Dopo poche centinaia di metri di cammino si giunge al lago di Città (965 m), minuscolo specchio di acqua torbida, in parte ricolmo di vegetazione ed apparentemente poco interessante. In realtà esso è un importante ambiente acquatico che ospita la rana temporaria, la raganella ed addirittura tre specie di tritoni (il punteggiato, l'alpestre e il crestato). Oltrepassato il lago si incontra subito dopo la deviazione per la Città (o Castelliere) d'Umbria (cartello) che si raggiunge in pochi minuti.

Si possono osservare chiaramente i perimetri delle mura e del terrapieno che costituivano la cerchia esterna della fortificazione, mentre in alcune zone sono ben visibili resti della murature a secco. Sulla spianata racchiusa tra le mura si trovano alcuni splendidi esemplari di faggi secolari. Tornati sul tracciato della mulattiera si volta a destra e si prosegue in direzione del Lago di Giorgio (quest'ultimo è in verità una torbiera raggiungibile con una deviazione di 15 minuti). Compiendo un ampio semicerchio nel bosco (prima su comoda mulattiera e poi su sentiero) il sentiero 809a prosegue dapprima in quota e poi, piegando a sinistra, in salita, sino a raggiungere un pianoro dove si estende un piccolo specchio d'acqua, superato il quale si continua a salire sino a un avvallamento dove si trova la deviazione per la panoramica cima del M. Cravedosso. Si abbandona temporaneamente il sentiero e deviando a Sx per raggiungere la piccola e rocciosa sommità del Monte Cravedosso (1101 m).

La cima del M. Cravedosso è un eccellente punto panoramico sul M. Dosso, la Rocca di Varsi, il M. Carameto, la val Pessola, la sottostante altura di Città d'Umbria e la cima del M. Barigazzo. Significativa anche la prospettiva su "Le Creste", delle quali si apprezza la singolare e pronunciata forma e il contrasto tra le spoglie dorsali e i boschi che le circondano. Queste morfologie si devono a dislocazioni che hanno creato l'avvallamento centrale. Le pendici del M. Cravedosso espongono la successione della Formazione di Ranzano, costituita da una fitta alternanza di sottili letti arenacei e marnosi, che alla scala dell'affioramento mostrano una geometria tabulare. Focalizzando l'attenzione sui livelli arenacei si possono osservare diversi caratteri tipici delle torbiditi: una base netta, piana o erosiva, che spesso presenta curiose protuberanze di forma allungata e dai profili svariati.
Queste forme, note come controimpronte di fondo, rappresentano il calco dei solchi scavati dalla corrente di torbida al suo arrivo sui fondali fangosi, prodotti dal trascinamento di oggetti o dallo sviluppo di vortici. Il tetto dei livelli arenacei generalmente si presenta netto e modellato con ondulazioni (ripples), mentre la parte marnosa può risultare intensamente rimaneggiata dagli organismi che, alla ricerca di cibo, pascolavano sui fondali marini. Tra queste "bioturbazioni" è possibile riconoscere quelle prodotte da Zoophycus, a forma di spirale raggiata. Gli strati sono attraversati da fratture riempite di vene di colore bianco latte costituite da cristalli di calcite.

Ritornati sul sentiero principale si giunge ad una piccola radura con un bivio di sentieri(1000 m, l ora). Ignorata la mulattiera che scende a sinistra in direzione di Tosca (segnavia 809A), tralasciata la traccia che conduce alla cresta nord e trascurato anche il sentiero  che si inoltra nella valletta racchiusa tra le due dorsali si piega a destra sul 809A che con una ripida salita permette di raggiungere la selletta da cui ha inizio la cresta Sud. Su questa sella, dove ripasseremo al ritorno, si trova un bivio: il 903 a destra porta a venezia, il xxx di fronte scede sulla carrozzabile nei pressi di Pareto, si prosegue a Sx cominciando ad affrontare la cresta sud.
PERCORSO CRESTA SUD
Messo piede sulla cresta meridionale si nota immediatamente come questa sia molto più ampia della «sorella». Senza difficoltà, ma con un percorso ugualmente affascinante, si percorre tutta la dorsale, che in alcuni tratti sembra una strada lastricata artificialmente, ammirando l'elegante andamento della cresta nord.
Percorrendo i crinali delle creste si osserva bene l'alternanza marnosa-arenacea della Formazione di Ranzano, all'interno della quale si possono individuare diversi letti arenacei, a geometria piano-parallela, di medio spessore. Questi, meno erodibili di quelli marnosi, sono messi in risalto dalla selezione erosiva che li ha modellati in cornicioni sporgenti. Il crinale della "cresta facile", punteggiata da stentati carpini neri e sorbi montani, è segnato da uno strato arenaceo dello spessore di circa un metro che, particolarmente resistente all'erosione, forma una sorta di scoglio tabulare.
Osservandone la superficie, rivestita in gran parte da licheni crostosi di colore biancastro, nero e giallo, si può apprezzare la granulometria grossolana e l'abbondanza di elementi scuri (spesso di natura ofiolitica) a cui si deve il colore bruno che spesso presentano gli strati arenacei della Formazione di Ranzano. Lungo la "cresta difficile", invece, è interessante osservare il rapporto tra la struttura del substrato e la copertura vegetale, che si insedia preferibilmente nelle zone di debolezza della roccia, come fratture e faglie. Il profondo vallone che separa le due creste, al cui fondo si trova uno specchio d'acqua temporaneo (Lago della Gorghina), è rivestito da una densa faggeta dove agli inizi della primavera fiorisce in straordinaria abbondanza il campanellino, una rara bulbosa dai fiori bianchi macchiati di verde inclusa nella flora regionale protetta.

Il sentiero e ottimamente segnato dal CAI, per cui non c'è possibilità di sbagliare. Si percorre cosi un altro breve tratto in discesa in una zona frequentata anche da cinghiali, viste le numerose tracce sul terreno, poi si comincia dolcemente a risalire, notando in basso a sinistra la strada bianca abbandonata all'inizio del percorso, che conduce all'ormai vicina chiesa.

Quando il sentiero diventa pianeggiante si nota una torbiera sulla destra: occorre dirigersi verso il prato e costeggiare il tratto di bosco che in questo caso resta sulla sinistra. Si può anche proseguire diritto ed entrare nel bosco, dato che poco dopo i due tratti di sentiero si ricongiungono e, percorsi ancora circa 100 m, si raggiunge la strada bianca citata poc'anzi, che sale in modo piuttosto deciso per circa 200 m, fino a raggiungere un crocevia di sentieri dove a destra ci si dirige verso Pianelleto, mentre a sinistra si raggiunge la chiesa, superando un cancello di legno su cui sono posti i segnali del CAI.
 

Tralasciata la sterrata che scende a Pianelletto (segnavia 809B) ed ignorato provvisoriamente il sentiero 809 che segue la dorsale del monte Barigazzo, si segue l'ampia traccia che sale diritto verso la chiesa del Barigazzo. In pochi minuti si raggiunge l'ampia radura che ospita il Santuario della Madonna della Guardia.

L'attuale costruzione è stata edificata nel secondo dopoguerra sulle rovine di un'antica chiesa, anche se bisogna sottolineare la presenza di un'abside che risale probabilmente al XIII secolo. La chiesa viene aperta in occasione delle varie festività che si celebrano sul monte, tra le quali la più importante è senz'altro quella del 29 agosto, sagra di Santa Maria della Guardia.

Lasciata la chiesa si prosegue verso la sommità del monte e qui diventa quasi naturale volgere continuamente lo sguardo verso valle per poter ammirare ancora una volta lo splendido declivio erboso arricchito da quei faggi secolari di cui vale la pena ancora una volta sottolineare lo splendore e la maestosità. Si raggiunge cosi, dopo circa 1 ora e 1/2 dalla partenza, la vetta di monte Barigazzo (1.284 m), su cui si trova una croce in ferro e una lapide posata a ricordo dei partigiani che combatterono su queste cime.

Lo spettacolo che si coglie dalla sommità del monte e veramente impressionante: lo sguardo può spaziare a 360 gradi, soffermandosi sulla vicina val Mozzola a destra (tenendo la croce alle spalle), la catena del crinale appenninico a sud, dove spiccano monte Molinatico, monte Orsaro e monte Marmagna in territorio parmense e, più verso est, monte Cusna e l'alpe di Succiso in territorio reggiano, mentre a ovest appare anche il confine piacentino con monte Tomarlo, monte Ragola, monte Bue, monte Nero e monte Maggiorasca, dove si hanno i confini delle provincie di Parma, Piacenza e Genova. A sud-ovest, attraverso la sella di monte Orsaro, in giornate particolarmente limpide si intravedono le Apuane.

La zona intorno al Monte Barigazzo viene attestata sulla Tavola di Velleia (112 d.C.), dove si citano Tuscluatum (Tosca) e Varisium (Varsi). Nel VI secolo la zona fu luogo di confine tra i possedimenti longobardi e bizzantini e la presenza del popolo nordico è attestata dalla toponomastica: lo stesso nome del monte deriva infatti da una radice longobarda bar (come anche il vicino bardi) che significa "luogo della badita reale". Anche chiese e cappelle della zona in gran parte sono dedicate a santi venerati sopratutto dai longobardi, come Sirio, Michele e Giovanni.

Scavalcando la recinzione che borda il ciglio della parete del M. Barigazzo, in corrispondenza di un apposita scaletta (indicazione del sentiero CAI per Castellaro), si incontra un primo livello arenaceo dello spessore di circa un metro, a granulometria grossolana e di colore bruno, che mostra al suo interno un livello con porzioni grigio chiare, schiacciate e smussate di materiale argilloso. Queste ultime sono un esempio dei tipici "clasti di argilla" (clay chips): brandelli di fango consolidato che, esposti sui fondali marini, venivano strappati dalla azione erosiva della corrente di torbida e inglobati in essa. Per la presenza di questi materiali argillosi, il livello a clay chips risulta più erodibile delle arenarie che lo comprendono e forma una pronunciata rientranza, segnata da cavità che ne rende possibile il riconoscimento anche a diverse decine di metri; è così possibile notare come esso tenda ad assottigliarsi lateralmente sino a chiudersi con una geometria piano-convessa.


 
Dopo la pausa sulla cima di monte Barigazzo si scende a filo di costa, fiancheggiando quello steccato con filo spinato seguendo i segnavia del CAI dipinti sui paletti della staccionata, cosi da raggiungere le baracche erette per le feste che si tengono sul monte. Rimanendo sempre in prossimità dello steccato, si imbocca quindi un passaggio sulla sinistra (un cancello in legno) che occorre superare per raggiungere un sentiero (anch'esso segnato) che scende a mezza costa lungo il lato sud-ovest di monte Barigazzo.
Si scende per alcuni minuti, si percorre un leggero tratto in salita e quindi si prosegue ignorando un sentiero che si diparte sulla destra. Si incontra ancora (sulla destra) un tratto di steccato con filo spinato (oltre il quale, tra i rami degli alberi, si intravede una costruzione in legno) e si esce cosi dal piccolo tratto di bosco. Percorsa una ripida discesa, si arriva a un crocevia di sentieri dove, se si prosegue diritto, si può raggiungere la cima di monte La Tagliata. Se si devia a sinistra si scende invece lungo un ripidissimo sentiero verso la frazione di Castellaro, mentre il nostro percorso devia a destra in direzione Pianelleto-Lavacchielli, cosicché si percorrono circa 20 m in discesa e si raggiunge una strada bianca che, a destra, scende per circa 100 m per raggiungere un incrocio dove i cartelli del CAI indicano, a sinistra, la frazione abbandonata di Lavacchielli.

 
TRATTO FINALE
 
 
Strada di pietra tracciata dal tempo e dalla natura
Le creste del Barigazzo appartengono geologicamente alle «arenarie di Ranzano», che contraddistinguono tutto il gruppo del Monte Barigazzo - Monte Grosso - Monte La Tagliata, oltre a molti altri gruppi montuosi del parmense. Sono costituite da un'alternanza di sedimenti arenacei (molto friabili e modellabili) e mamosi (meno soggetti all'erosione), con alcune sottili strlature bianche fonnate da cristalli di calcite. Queste rocce sedimentarie mostrano sulle «creste» una particolare stratificazione a «gradoni» che, modellata nel corso dei millenni anche dall'erosione, dagli agenti atmosferici e dall'acqua, ha dato origine alla particolare conformazione delle dorsali del Barigazzo, che in alcuni tratti assumono il singolare aspetto di strade lastricate, per questo particolarmente affascinanti da percorrere a piedi. La particolare struttura di questi affioramenti seleziona e condiziona anche la presenza delle specie vegetali che devono essere in grado di cercare di «infiltrarsi» nelle zone dove la roccia si apre in fratture e faglie. La cresta «facile» è punteggiata di carpini neri e sorbi montani, mentre la cresta «difficile» nella sua parte più esile è quasi priva di vegetazione,dove riescono a sopravvivere soltanto licheni. Le stratificazioni «gradinate" delle «arenarie di Ranzano» sono ben visibili anche sul versante (sud) che si affaccia sul Monte Grosso e, in misura minore, sulla parte sommitale della dorsale orientale che scende verso Valmozzola.
Molto affascinanti sono anche le «muraglie» formate dalle stesse «arenarie di Ranzano» nella valle del Rio Fontana (laterale della val Noveglia), i «Calanchi rocciosi» che si possono osservare alla base del versante della montagna che si affaccia sulla Val Mozzola e gli affioramenti che si trovano in Val Pessola dove le arenarie contrastano per conformazione e colore con le «marne di Monte Piano».
 
Città d'Umbria
l boschi del Monte Barigazzo ospitano un sito archeologico di modeste dimensioni ma affascinante e misterioso. La cosiddetta Città d'Umbria era verità soltanto un presidio fortificato (il nome «Castelliere» è in questo senso più consono), di cui oggi restano soltanto rovine dei muri e dei terrapieni che formavano la cinta difensiva esterna.
Scavato per la prima volta nel 1861 dall'archeologo americano Alessandro Wolf, è stato in seguito oggetto di studi parziali e non sistematici. Alcuni studiosi datano questo insediamento all'Alto Medioevo e lo inseriscono tra i castellieri eretti nel IX e X secolo dai piccoli feudatari locali.
Secondo altri sarebbe invece da collegare alle popolazioni liguri e umbre. Questi popoli ebbero nell'Appennino settentrionale una delle loro più stabili e durature roccaforti, come dimostrano i numerosi toponimi di origine ligure e il nome stesso dell'Appennino (derivato dalla divinità ligure celtica "Pen".
Dopo lunghe campagne militari furono sottomessi definitivamente dai romani solo nel 155 a.C. Se fosse realmente un manufatto preromano, la Città d'Umbria sarebbe una rara testimonianza architettonica di una cultura che, nonostante avesse stretti legami con altre popolazioni mediterranee (I Liguri entrarono in contatto con i Greci a Marsiglia, con gli etruschi in toscana, con i celti in pianura padana e nel sud della Francia) e fosse diffusa in una vasta area geografica (dal rodano all'Arno e dal mar Ligure al Po), non ha lasciato molte testimonianze archeologiche e documentarie, anche perché sprovvista di particolari conoscenze tecniche ed architettoniche e di una cultura scritta.
Stretti dall'avanzata dei Celti a nord e sopratutto dei Romani a Sud, i liguri furono costretti a rifugiarsi in zone sempre più remote dell'Appennino per resistere all'avanzata dei vicini. A questo periodo (III-II secolo a.C.) potrebbe risalire il Castelliere.
 
Andrea Greci - Guida ai sentieri del'Appennino Parmense - La Media Montagna e i sentieri della Storia - Editore: Gazzetta di Parma
Linuccio Pederzani - Itinerari a piedi sugli Appennini Parmensi - Ediditore:Libreria di Demetra 1998
Regione Emilia Romagna - Carta escursionistica Itinerari Geologici Ambientali nella Val Ceno

Regione Emilia Romagna - E-R Ambiente -Il Monte barigazzo.
Portale Turismo Comune di Parma - Il sentiero dei carrelli di sotto e di sopra.

 

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Lista WayPoints con tempi di percorso

Localita Alt.(m) WP Parz. Totale Note
Città d'Umbria (Vascone) 952 01 00'

00'

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Città d'Umbria 985 02 15' 15'  
Monte Cravedosso 1121 04 40' 55'  
Monte Barigazzo 1285 08 60' 1h 55'  
Pianelleto 1100 10 45' 2h 40'  
Città d'Umbria (Vascone) 952 01 50' 3h 30'  
 

PROFILO ALTIMETRICO

 

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